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Lo studio di funzione

Cos'è e a cosa serve lo studio di funzione?  Lo studio di funzione è un importante strumento dell'analisi matematica per poter comprendere al meglio le caratteristiche di una funzione. Ne discende che chiunque lavori nell'ambito delle scienze esatte deve padroneggiare l'abilità di studiare una funzione. In questo post vedremo come si fa uno studio di funzione, a una o più variabili, portando due esempi. Inoltre, vedremo in qual modo lo studio di una funzione possa essere applicato a un caso reale. Studio di funzione: come si fa? Lo studio di una funzione reale a variabili reali deve passare per i seguenti passi in modo ordinato: Dominio e l'immagine : ponendo le condizioni di esistenza della funzione \(f:D \rightarrow C\) si può comprendere quale sia il suo dominio naturale \(D\). Inoltre, non meno importante è studiare quale sia l'immagine \(\text{Im}\), che può darci utili informazioni. Simmetrie : cerchia

Il sistema di coordinate cartesiane

Le coordinate cartesiane

Quello cartesiano è uno dei sistemi maggiormente usati nelle scienze matematiche e fisiche. L'idea risale al matematico e filosofo francese René Descartes (italianizzato in Renato Cartesio) nel 1637 [1], il quale propose di individuare un punto su un piano mediante l'utilizzo di due rette che s'intersecano.

Figura 1: ritratto di René Descartes.

In questo post andremo a vedere come si definisce questo sistema di riferimento, quali sono le coordinate dei suoi elementi e quale forma assumano gli operatori differenziali.

Sommario

  • Definizione
    • \(n\) dimensioni
    • \(1\) dimensione
    • \(2\) dimensioni
    • \(3\) dimensioni
  • Operatori differenziali
    • \(n\) dimensioni
    • \(3\) dimensioni
    • Differenziali
      • In \(\mathbb{R}^3)
      • In \(\mathbb{R}^n\)
  • Riferimenti
  • Immagini

Definizione

\(n\) dimensioni

Forma un sistema di riferimento cartesiano di uno spazio euclideo \( (V,\cdot )\) una base ortonormale \(\mathcal{B} = \left\{\hat{\mathbf{e}}_1,...,\hat{\mathbf{e}}_n\right\}\). Si può facilmente dimostrare che i versori \(\hat{\mathbf{e}}_1,...,\hat{\mathbf{e}}_n\) siano linearmente indipendenti, poiché sono ortogonali per ipotesi. Infatti, sia 

\( \quad \sum\limits_{i=1}^n \alpha_i \vec{\mathbf{v}}_i = \vec{\mathbf{0}} \)

una combinazione lineare nulla di \(n\) vettori \(\vec{\mathbf{v}}_1,...,\vec{\mathbf{v}}_n\) ortogonali. Si ha

\( \quad \forall j\in\{1,...,n\} \mspace{20mu} 0 = \vec{\mathbf{v}}_j \cdot \vec{\mathbf{0}} = \vec{\mathbf{v}}_j \cdot \underbrace{\sum\limits_{i=1}^n \alpha_i \vec{\mathbf{v}}_i}_{=\alpha_j \vec{\mathbf{v}}_j+\sum\limits_{\begin{array}{c} i=1 \\ i\neq j \end{array}}^n \alpha_i \vec{\mathbf{v}}_i} = \)\( \quad \vec{\mathbf{v}}_j \cdot \alpha_j \vec{\mathbf{v}}_j + \underbrace{\vec{\mathbf{v}}_j \cdot \sum\limits_{\begin{array}{c} i=1 \\ i\neq j \end{array}}^n \alpha_i \vec{\mathbf{v}}_i}_{\begin{array}{c} =0 \\ \text{perché i vettori } \vec{\mathbf{v}}_j \text{ e} \\ \vec{\mathbf{v}}_i \text{ sono ortogonali} \end{array}} \)\( \quad = \alpha_j \underbrace{\vec{\mathbf{v}}_j \cdot \vec{\mathbf{v}}_j}_{\neq 0} \Leftrightarrow \alpha_j=0 \)

Inoltre, si può sempre ottenere una base ortonormale a partire da una base di \(n\) vettori linearmente indipendenti di \(V\) grazie al procedimento di Gram-Schmidt.

Un vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) viene rappresentato nella base \(\mathcal{B}\) come una combinazione lineare dei versori della base:

$$ \vec{\mathbf{x}} = \sum_{i=1}^{n} x_i \hat{\mathbf{e}}_i $$

I coefficienti \(x_1,...,x_n\) si dicono coordinate cartesiane del vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) e formano una \(n\)-upla in \(\mathbb{R}^n\), da cui segue che esista un isomorfismo \(\Phi : V \rightarrow \mathbb{R}^n\) che assegna a ogni elemento \(\vec{\mathbf{x}}\) di \(V\) le sue coordinate cartesiane:

\(\quad \Phi \left( \vec{\mathbf{x}}\right) = \left( x_1,...,x_n\right) \)

Pertanto, si possono facilmente definire le norme \(p\) in \(V\) e, in particolare, l'equivalenza tra queste norme. Ciò non dovrebbe sorprendere, poiché si può dimostrare che tutte le norme degli spazi vettoriali di dimensione finita sono equivalenti grazie all'isomorfismo con \( \mathbb{R}^n\).

In particolare, sono molto importanti il prodotto scalare euclideo \(\cdot: V \times V \rightarrow \mathbb{R}\), definito come

$$ \vec{\mathbf{x}} \cdot \vec{\mathbf{y}} = \vec{\mathbf{x}}^T \vec{\mathbf{y}} = \sum_{i=1}^{n} x_i y_i $$

e la norma \(\| \cdot \|: V \rightarrow \mathbb{R}\) dedotta dal prodotto scalare euclideo, detta norma euclidea:

$$ \| \vec{\mathbf{x}} \| = \sqrt{\vec{\mathbf{x}} \cdot \vec{\mathbf{x}}}= \sqrt{\sum_{i=1}^{n} x_i^2} $$

Attenzione! Le formule del prodotto scalare euclideo e della norma euclidea appena presentate sono definite solo in un sistema di riferimento cartesiano! Se la base del sistema di riferimento non fosse ortonormale, per utilizzare il prodotto scalare e la norma euclidei bisognerebbe ortonormalizzare la base.

\(1\) dimensione

Il sistema di riferimento cartesiano a una dimensione è una retta ottenuta dallo scalamento di un versore \(\hat{\mathbf{e}}\). Operativamente si scrive  \(V = \text{span}\left(\hat{\mathbf{e}}\right) \). La base ortonormale \(\mathcal{B}\) si riduce a un versore \(\hat{\mathbf{e}}\), che determina il verso della retta.

Figura 2: sistema di riferimento cartesiano a una dimensione.

Nota che tutte le basi ortonormali composte da un solo versore sono sistemi di riferimento cartesiani a una dimensione.

Ogni vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) del piano si individua come il prodotto di uno scalare \(x\) per il versore \(\hat{\mathbf{e}}\):

\( \quad \vec{\mathbf{x}} = x \hat{\mathbf{e}} \)

\(x \in \mathbb{R}\) è l'unica coordinata del vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) e il suo isomorfismo in \(\mathbb{R}\) è esattamente il numero reale \(x\):

\( \quad \Phi \left( \vec{\mathbf{x}}\right) = x \)

Il prodotto scalare euclideo si riduce al prodotto delle coordinate e la norma euclidea è il valore assoluto:

\( \quad \vec{\mathbf{x}} \cdot \vec{\mathbf{y}} = xy \)

\( \quad \| \vec{\mathbf{x}} \| = \sqrt{x^2} = |x| \)

\(2\) dimensioni

Il sistema di riferimento cartesiano a due dimensioni è comunemente conosciuto come piano cartesiano. Lo spazio \(V\) è generato da due versori ortogonali \(\hat{\mathbf{e}}_1\) e \(\hat{\mathbf{e}}_2\). Operativamente si scrive \(V = \text{span}\left(\hat{\mathbf{e}}_1,\hat{\mathbf{e}}_2\right) \). La base ortonormale \(\mathcal{B}\) si riduce a due versori \(\hat{\mathbf{e}}_1\) e \(\hat{\mathbf{e}}_2\), a volte indicati come \(\hat{\mathbf{i}}\) e \(\hat{\mathbf{j}}\) in fisica.

Figura 3: sistema di riferimento cartesiano a due dimensioni.

Ogni vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) del piano si individua come una combinazione lineare dei versori della base:

\( \quad \vec{\mathbf{x}} = x_1 \hat{\mathbf{e}}_1 + x_2 \hat{\mathbf{e}}_2 \)

\(x_1,x_2 \in \mathbb{R}\) costituiscono le coordinate cartesiane del vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) e il suo isomorfismo in \(\mathbb{R}^2\) è il punto

\( \quad \Phi \left( \vec{\mathbf{x}}\right) = \left( x_1,x_2 \right) \)

Il prodotto scalare e la norma euclidei sono definiti come

\( \quad \vec{\mathbf{x}} \cdot \vec{\mathbf{y}} = x_1 y_1 + x_2 y_2 \)

\( \quad \| \vec{\mathbf{x}} \| = \sqrt{x_1^2+x_2^2}\)

\(3\) dimensioni

Il sistema di riferimento cartesiano a tre dimensioni è il modello matematico più semplice dello spazio in cui si trovano gli oggetti della realtà. Lo spazio \(V\) è generato da tre versori ortogonali \(\hat{\mathbf{e}}_1\), \(\hat{\mathbf{e}}_2\) e \(\hat{\mathbf{e}}_3\). Operativamente si scrive \( V = \text{span}\left(\hat{\mathbf{e}}_1,\hat{\mathbf{e}}_2,\hat{\mathbf{e}}_3\right) \). La base ortonormale \(\mathcal{B}\) è composta da tre versori \(\hat{\mathbf{e}}_1\), \(\hat{\mathbf{e}}_2\) e \(\hat{\mathbf{e}}_3\), a volte indicati come \(\hat{\mathbf{i}}\), \(\hat{\mathbf{j}}\) e \(\hat{\mathbf{k}}\) in fisica.

Figura 4: sistema di riferimento cartesiano a tre dimensioni.

Ogni vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) del piano si individua come una combinazione lineare dei versori della base:

\( \quad \vec{\mathbf{x}} = x_1 \hat{\mathbf{e}}_1 + x_2 \hat{\mathbf{e}}_2  + x_3\hat{\mathbf{e}}_3 \)

\(x_1,x_2,x_3 \in \mathbb{R}\) sono le coordinate cartesiane del vettore \(\vec{\mathbf{x}}\) e il suo isomorfismo in \(\mathbb{R}^3\) è il punto

\( \quad \Phi \left( \vec{\mathbf{x}}\right) = \left( x_1,x_2,x_3 \right) \)

Il prodotto scalare e la norma euclidei sono definiti come

\( \quad \vec{\mathbf{x}} \cdot \vec{\mathbf{y}} = x_1 y_1 + x_2 y_2 + x_3 y_3 \)

\( \quad \| \vec{\mathbf{x}} \| = \sqrt{x_1^2+x_2^2+x_3^2}\)

Operatori differenziali

Prima di intraprendere la lettura di questo paragrafo, ti consiglio di leggere il post in cui parlo delle derivate e del calcolo differenziale ;)

\(n\) dimensioni

Iniziamo definendo l'operatore nabla \(\nabla\) su \(n\) dimensioni in un sistema di riferimento cartesiano con base \(\mathcal{B} = \left\{\hat{\mathbf{e}}_1,...,\hat{\mathbf{e}}_n\right\}\):

$$\nabla = \sum\limits_{i=1}^{n} \dfrac{\partial}{ \partial x_i} \hat{\mathbf{e}}_i $$

Nabla in un sistema cartesiano è il vettore le cui componenti sono le derivate parziali rispetto alle coordinate \(x_1,...,x_n\). Attenzione! Ho scelto di sottolineare "in un sistema cartesiano" perché la definizione che abbiamo appena dato di nabla è vera solo in una base ortonormale di vettori. Cambiando il sistema di riferimento, cambia anche la definizione di nabla. In un post dedicheremo più spazio a questo operatore per chiarire le idee.

A partire dall'operatore nabla si può definire il gradiente di una funzione \(f:\mathbb{R}^n \rightarrow \mathbb{R}\), che in coordinate cartesiane assume la forma

$$ \nabla f\left(\vec{\mathbf{x}}\right) = \sum\limits_{i=1}^{n} \dfrac{\partial f\left(\vec{\mathbf{x}}\right)}{ \partial x_i} \hat{\mathbf{e}}_i $$

La divergenza di un campo vettoriale \(\vec{\mathbf{V}}:\mathbb{R}^n \rightarrow \mathbb{R}^n\) in coordinate cartesiane ha la forma

$$ \nabla \cdot \vec{\mathbf{V}} \left(\vec{\mathbf{x}}\right) = \sum\limits_{i=1}^{n} \dfrac{\partial V_i}{ \partial x_i} $$

dove \(V_i = (\vec{\mathbf{V}} \cdot \hat{\mathbf{e}}_i)\hat{\mathbf{e}}_i\) è la componente \(i\)-esima del campo vettoriale.

Ti faccio notare che il l'operatore nabla \(\nabla\) è un vettore. La divergenza di \(\nabla\), detta anche operatore di Laplace \(\nabla^2\), in coordinate cartesiane assume la forma

$$ \nabla^2 = \nabla \cdot \nabla = \sum\limits_{i=1}^{n} \dfrac{\partial^2}{ \partial x_i^2} $$

Il laplaciano di un campo scalare \(f\) in coordinate cartesiane si calcola come

$$ \nabla^2 f\left(\vec{\mathbf{x}}\right) = \sum\limits_{i=1}^{n} \dfrac{\partial^2 f\left(\vec{\mathbf{x}}\right)}{ \partial x_i^2} $$

\(3\) dimensioni

In tre dimensioni si può definire anche il prodotto vettoriale \(\times: \mathbb{R}^3 \times \mathbb{R}^3 \rightarrow \mathbb{R}^3 \). Grazie a questa operazione si definisce un altro operatore differenziale: il rotore di un campo vettoriale \(\vec{\mathbf{V}}:\mathbb{R}^3 \rightarrow \mathbb{R}^3\), che in coordinate cartesiane assume la forma

$$ \nabla \times \vec{\mathbf{V}} = \left( \dfrac{\partial V_3}{ \partial x_2} - \dfrac{\partial V_2}{ \partial x_3} \right) \hat{\mathbf{e}}_1 - \left( \dfrac{\partial V_1}{ \partial x_3} - \dfrac{\partial V_3}{ \partial x_1} \right) \hat{\mathbf{e}}_2 - \left( \dfrac{\partial V_2}{ \partial x_1} - \dfrac{\partial V_1}{ \partial x_2} \right) \hat{\mathbf{e}}_3 $$

dove \(\vec{\mathbf{V}}= V_1 \hat{\mathbf{e}}_1 + V_2 \hat{\mathbf{e}}_2  + V_3\hat{\mathbf{e}}_3\).

Differenziali

In \(\mathbb{R}^3\)

In tre dimensioni nel sistema di coordinate \((O; \hat{\mathbf{e}}_x, \hat{\mathbf{e}}_y, \hat{\mathbf{e}}_z)\) si ha

  • spostamento infinitesimo: \( d\vec{\mathbf{x}} = dx \mspace{3mu} \hat{\mathbf{e}}_x + dy \mspace{3mu} \hat{\mathbf{e}}_y + dz \mspace{3mu} \hat{\mathbf{e}}_z \)
  • volume infinitesimo: \( dV = dx dy dz \)

Per ottenere \(d\vec{\mathbf{x}}\) è sufficiente differenziare \(\vec{\mathbf{x}} \in \mathbb{R}^3\) rispetto alle sue coordinate \((x,y,z)\). 

Ottenere \( d\vec{\mathbf{S}} \) è più complicato. In generale, una superficie \(\vec{\mathbf{S}}\) in \(\mathbb{R}^3\) è parametrizzata \(\vec{\mathbf{S}} = x(u,v) \hat{\mathbf{e}}_x + y(u,v) \hat{\mathbf{e}}_y + z(u,v) \hat{\mathbf{e}}_z\) su un dominio \(D \subseteq \mathbb{R}^2\). Definiamo il vettore normale alla superficie

\( \quad \vec{\mathbf{N}} = \dfrac{\partial \vec{\mathbf{S}}}{\partial u} \times \dfrac{\partial \vec{\mathbf{S}}}{\partial v} = \left( \dfrac{\partial y}{\partial u}\dfrac{\partial z}{\partial v} - \dfrac{\partial z}{\partial u}\dfrac{\partial y}{\partial v} \right) \hat{\mathbf{e}}_x + \left( \dfrac{\partial z}{\partial u}\dfrac{\partial x}{\partial v} - \dfrac{\partial x}{\partial u}\dfrac{\partial z}{\partial v} \right) \hat{\mathbf{e}}_y + \left( \dfrac{\partial x}{\partial u}\dfrac{\partial y}{\partial v} - \dfrac{\partial y}{\partial u}\dfrac{\partial x}{\partial v} \right) \hat{\mathbf{e}}_z \)

Adesso, definiamo il differenziale \( d\vec{\mathbf{S}} \) come

\( \quad d\vec{\mathbf{S}} = \vec{\mathbf{N}} \mspace{3mu} dudv \)

In \(\mathbb{R}^n\)

Il differenziale del vettore \(\vec{\mathbf{x}} \) in un sistema di coordinate cartesiane assume una forma molto semplice:

$$ d\vec{\mathbf{x}} = \sum_{i=1}^{n} dx_i \mspace{3mu} \hat{\mathbf{e}}_i $$

L'elemento di volume infinitesimo di \(\mathbb{R}^n\) si definisce come il prodotto dei differenziali

$$ dV = \prod\limits_{i=1}^n dx_i $$

Intuitivamente, è il volume di un cubo \(n\)-dimensionale di lati di lunghezza \(dx_1,...,dx_n\) infinitesima.

Il vettore superficie \(n\)-dimensionale \(\vec{\mathbf{S}}\) è più complicato da calcolare. \(\vec{\mathbf{S}}\) in generale è una parametrizzazione dipendente da \(n-1\) parametri \(u_1,...,u_{n-1}\):

\( \quad \vec{\mathbf{S}} = \sum_{i=1}^{n} x_i (u_1,...,u_{n-1}) \hat{\mathbf{e}}_i \)

Adesso, definiamo il differenziale \( d\vec{\mathbf{S}} \) come

\( \quad d\vec{\mathbf{S}} = \mathrm{J}\vec{\mathbf{S}} \mspace{3mu} d\vec{\mathbf{u}} \)

dove \(d\vec{\mathbf{u}} = (dx_1,...,dx_n)\).

Riferimenti

[1] Sistema di riferimento cartesiano. (2 settembre 2021). Wikipedia, L'enciclopedia libera. Tratto il 28 gennaio 2022, 19:26. 

Immagini

Figura 1: Di Frans Hals - André Hatala [e.a.] (1997) De eeuw van Rembrandt, Bruxelles: Crédit communal de Belgique, ISBN 2-908388-32-4., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2774313.

Figure 2, 3 e 4: generate con Microsoft OneNote.

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